Il 15 luglio 2022 è entrato ufficialmente in vigore il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Le cause delle continue modifiche e slittamenti sono da ricercarsi: 1. dal sopraggiungere dell’evento pandemico e 2. dalla necessità di recepire nell’ordinamento i principi previsti dalla Direttiva europea 1023/2019 (direttiva “Insolvency”).

Il nuovo Codice della crisi accantona i sistemi di allerta e pone un forte accento sull’importanza della prevenzione al fine di intercettare tempestivamente la crisi d’impresa. A tal proposito tutte le imprese dovranno dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, anche al fine di rilevare tempestivamente la crisi e l’eventuale perdita della continuità aziendale

Il nuovo art. 3 (“adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa”) prescrive che:

  • “l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”;
  • “l’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.”

Al comma 3, del medesimo articolo, “al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;
  3. ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2.”

Rappresentano segnali per la previsione sulla sopravvivenza dell’impresa (art. 3 comma 4):

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni, scaduti da almeno trenta giorni pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni, di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni verso banche ed altri intermediari finanziari, scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato, da almeno sessanta giorni, il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più esposizioni debitorie, previste dall’articolo 25-novies, comma 1.

In generale, la legge indica che l’azienda è in crisi se non riesce a sostenere i debiti dei successivi sei mesi.

Alcuni indicatori utili per definire se un’azienda è in crisi:

  • il rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi e i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi;
  • il rapporto tra patrimonio netto e passività, per evidenziare squilibri di carattere patrimoniale;
  • il rapporto tra oneri finanziari e ricavi, per gli squilibri di carattere finanziario;
  • reiterati e significativi ritardi nei pagamenti (sia retribuzioni che debiti verso fornitori).

Bisogna quindi sempre tenere d’occhio:

  • il patrimonio netto;
  • i flussi finanziari.

Tra gli indici, fondamentale è il DSCR (Debt Service Coverage Ratio), che si calcola come rapporto tra il cash flow prodotto dalla gestione operativa e gli impegni finanziari assunti in termini di quota capitale ed interesse oggetto di rimborso nell’orizzonte temporale considerato.

Si tratta di un indicatore che ha l’obiettivo di far emergere la sostenibilità dei debiti nei sei mesi successivi, garantire le prospettive di continuità aziendale, rilevare la presenza di squilibri di carattere reddituale, patrimoniale, e finanziario.

La logica forward looking, introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, richiede l’implementazione di sistemi di pianificazione finanziaria che consentano alle imprese di stimare in modo puntuale le uscite e soprattutto le entrate.

Tra i principali rischi ai quali l’impresa è sottoposta vi è sicuramente quello del ritardato o mancato incasso dei crediti.

La gestione del credito e il ruolo del Credit Manager in questa situazione saranno senza dubbio fondamentali. La struttura organizzativa interna dovrà adottare una serie di azioni a livello operativo che riguardano: 1) nuovi modelli di affidamento della clientela; e 2) nuove strategie di gestione e recupero del credito.

È in questo senso che una gestione più attenta degli insoluti e un affidamento tempestivo alla fase di sollecito e recupero del credito saranno gli obiettivi principali di chi si occupa del credito in azienda.

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